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Nel piazzale del Colosseo, affondato nelle pendici della Velia ad Ovest, dell’Esquilino (Colle Oppio) a Nord e del Celio a Sud. Nel mezzo, di fronte allo sbocco di via dei Fori imperiali, si leva maestoso nella sua gran mole ellittica, a più ordini di arcate, l’Anfiteatro Flavio, detto comunemente fin dall’alto medioevo, il Colosseo, o per la vicinanza con il Colosso neroniano (Domus Aurea) o per le sue dimensioni colossali, e considerato il simbolo dell’eternità di Roma. Fu iniziata la costruzione nel 72 da Vespasiano nel luogo dello stagnum o laghetto della Domus Aurea, e terminato dal figlio Tito della famiglia Flavia (donde il nome di Anfiteatro Flavio) nell’80, inaugurato con feste che si dice durassero 100 giorni, con l’uccisione di molti gladiatori e di 5000 belve. Vi si diedero combattimenti di gladiatori, venationes o cacce di bestie feroci e naumachie. Fu restaurato sotto Alessandro Severo, per essere stato danneggiato dai fulmini nel 217; nel 249, millesimo della fondazione di Roma, vi si celebrarono feste solenni nelle quali tra gli altri spettacoli, si ebbe una battaglia di mille coppie di gladiatori e vennero uccisi 32 elefanti, 10 alci, 10 tigri, 60 leoni addomesticati, 30 leopardi addomesticati, 10 iene, 10 giraffe, 20 asini selvaggi, 40 cavalli selvaggi, 10 zebre, 6 ippopotami. I combattimenti di gladiatori vi durarono fino al 405, quando furono soppressi da Onorio (forse dopo il sacrificio del monaco Telemaco che, cacciatosi ardimentosamente nell’arena per impedirli, fu ucciso dalla folla); quelli tra belve fino alla metà del VI secolo. Un terremoto lesionò nel 442 l’edificio che venne restaurato, pare, da Teodosio II e da Valentiniano III. Danneggiato da altri terremoti nel 1231 e 1255, fu trasformato in parte in fortezza dai Frangipani e passò poi agli Annibaldi. Nel 1312 l’imperatore Federico VII lo diede al Senato e al popolo romano. Fin dal medioevo i massi caduti servirono per le nuove costruzioni romane, ma dal XV secolo l’anfiteatro divenne una vera cava di travertino da cui si trasse il materiale per costruire palazzo Venezia, quello della Cancelleria, il porto di Ripetta (per questo si usarono tre archi del secondo anello, caduti per il terremoto il 2 febbraio 1703) e S. Pietro in Vaticano. Finalmente Benedetto XIV (1740-1758) lo consacrò alla passione di Gesù e lo dichiarò sacro per il sangue che vi avrebbero versato i martiri (secondo la tradizione allora accettata); da quel momento la devastazione cessò e in giro all’arena furono costruite, per iniziativa di S. Leonardo da Porto Maurizio, 14 edicole per la "Via Crucis". Pio VII, Leone XII, Gregorio XVI e Pio IX vi fecero notevoli lavori di riparazione. Non è provato storicamente che vi sia avvenuto il martirio di nessun cristiano (come hanno dimostrato Padre Delehaye ed altri); tuttavia, essendo agli spettacoli del Colosseo destinati condannati a morte, pare ovvio che non rari fossero tra questi i cristiani nel periodo delle persecuzioni. Molte sono le leggende sorte nel medioevo intorno al Colosseo. E’ celebre la profezia del ven. Breda (VII-VIII secolo) che dice: finché starà il Colosseo starà Roma, quando cadrà il Colosseo finirà anche Roma; ma quando cadrà Roma finirà anche il mondo. Sotto il ministero di Guido Baccelli (1893-1896), importanti lavori furono intrapresi per l’isolamento all’esterno e lo scavo all’interno delle strutture sotterranee. In tale occasione furono demolite le edicole della "Via Crucis"; recentemente venne ripristinata la grande croce di legno al centro dell’arena. Intorno al Colosseo era una piazza lastricata, ora in gran parte interrata; essa era limitata da grandi cippi uniti da sbarre di ferro, cinque dei quali, dalla parte del Celio, sono ancora in posto (forse servivano per la manovra del velarium).
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