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EsquilinoBack
 
Subito dopo la via Cavour lascia a sinistra e a destra le scalinate della via S. Francesco da Paola, che seguono all’incirca il percorso del Vicus Sceleratus, ove la leggendaria Tullia passò con il cocchio sul cadavere del re Servio Tullio, suo padre. Si prende la scalinata di destra, sovrastata da un grande edificio che include i resti della casa dei Borgia: bella finestra trifora rinascimentale. Via abitarono Alessandro VI, Vanozza, Lucrezia e Cesare Borgia (il Valentino); nella vigna banchettò Don Juan, duca di Gandia, la notte in cui fu trucidato, probabilmente da Valentino (14 giugno 1497). Ora vi ha sede l’Istituto Centrale del Restauro. Accanto, la chiesa di S. Francesco da Paola, sulla piazza omonima, eretta nel XVI secolo e ingrandita nel XVII; facciata barocca; volta della sacrestia affrescata dal Sassoferrato. Si sottopassa un voltone e si sbocca sulla vasta e solitaria piazza S. Pietro in Vincoli: a destra una palma ed una torre medievale, a sinistra gli archi semplici e robusti del portico di San Pietro in Vincoli, o basilica Eudossiana, perché fatta costruire nel 455 dall’imperatrice Eudossia, moglie di Valentiniano III, per custodirvi le catene di S. Pietro. Ricostruita sotto Sisto IV da Meo del Caprino (1475), venne rimodernata nell’interno al principio del secolo XVIII.
La facciata del primo rinascimento si innalza dal vasto orpiano di una breve scalinata e consta di un portico ad archi su pilastri e di una fila di finestre architravate, coronata dal tetto a terrazza; sotto il portico il gran portale marmoreo, rettangolare.
L’interno severo e maestoso, di tipo basilicale, è diviso in tre navate (la mediana molto larga) da 20 bellissime colonne scanalate con capitelli dorici, provenienti probabilmente da un edificio del miglior periodo dell’impero. In fondo alla navata a destra il Mausoleo di Giulio II, del Michelangelo, piccola parte dell’opera colossale ordinata dal pontefice e concepita dall’artista (la tragedia della sepoltura); altri frammenti dell’opera sono a Firenze e al Louvre. Grandeggia il Mosé, che, sceso dal Sinai, contempla sdegnato gli ebrei idolatri: lo sguardo terribile, la posa solenne, la gran barba biblica danno a questa figura una grandiosità suprema, di fronte a cui cadono le critiche di alcuni particolari (la piccola testa, le grandi braccia, la barba non naturale, le corna satiresche sostituite ai tradizionali raggi di luce). Ai lati, le due belle statue di Lia e Rachele, simboli della vita attiva e contemplativa, in parte di Michelangelo, incompiute. Il resto del mausoleo è dei discepoli: la mediocre figura del papa giacente, di Maso del Bosco; la Madonna col bambino, al di sopra, di Scherano da Settignano; il profeta e le sibille, ai lati, di Raffaello da Montelupo. Nella cappella a sinistra del mausoleo, S. Margherita, del Guercino.
A sinistra della Basilica, si prende per via delle Sette Sale, che passa tra le due cime principali dell’Esquilino, il Cispio a sinistra, che si protende fino allo sbocco nella via Cavoue da via Giovanni Lanza, e l’Oppio, che si estende a destra fino al piazzale del Colosseo. L’Esquilino (m 65), uno dei sette colli classici, rimase poco abitato e malsicuro (anche per le vaste necropoli che si estendevano nella zona) fino alla bonifica compiuta da Mecenate, che vi si costruì una grande villa. Vi abitarono anche Virgilio ed Orazio. L’Oppio, le cui pendici verdeggianti sono cosparse dai ruderi della Domus Aurea e delle Terme di Traiano, formava in origine come un sobborgo di Roma e i suoi abitanti, in contrapposto a quelli della città propriamente detta, chiamati inquilini, erano detti exquilini, nome che poi si estese a tutto il colle (secondo altri, il nome deriverebbe invece da exculi, i lecci).
La via delle Sette Sale immette direttamente nel viale di Monte Oppio. A sinistra, la chiesa dei Ss. Silvestro e Martino che risale al titulus Equitii. Nel 1650 Pietro da Cortona costruì la chiesa attuale, che fu decorata alla fine del XVIII secolo.
Nell’interno 24 colonne corinzie antiche separano le piccole navate laterali dalla vasta navata centrale, chiusa in fondo dalla bassa abside. A destra Fatti della Vita di S. Elia, affreschi di Gaspare Dughet; a sinistra l’antica Basilica di S. Pietro, affresco di ignoto del secolo XVI e Vedute della Campagna romana del Dughet. Sono opera di Pietro da Cortona: la tribuna sopraelevata, con doppia scalinata di accesso e il tabernacolo rotondo, la cripta, ove si conservano i resti di molti martiri, "i cui nomi solo Iddio sa". Dalla cripta, una rapida cordonata scende a sinistra alle rovine del primitivo titolo di Equizio, raro esempio di chiesa domestica del III secolo, ricavata in annessi delle Terme di Traiano.
Ritornando sul viale Monte Oppio si prosegue a sinistra fino al largo Brancaccio, ove prospetta la facciata del Palazzo Brancaccio, di Luca Carimini (1892-1896). Il giardino del Palazzo con i resti delle Sette Sale (vasto serbatoio d’acqua della Domus Aurea di Nerone) è compreso tra il viale di Monte oppio e la via Merulana, già tracciata sotto Sisto V e così detta dagli antichi Meruli, che abitavano questo luogo.
In questo via, che corre diritta e alberata fino a S. Giovanni in Laterano, si trova a sinistra, dopo il viale Manzoni, la Casa Generale dei Frati Minori di S. Francesco, con la vastissima chiesa di S. Antonio da Padova, di L. Caramini.
Uscendo da S. Martino ai Monti per una porta laterale (osservare l’esterno dell’abside romanica, costruita su massi forse delle mura serviane) si scende nella via Giovanni Lanza, sul largo ove si innalzano le due torri medievali dei Capocci (o degli Arcioni o dei Cerroni). Si prosegue di fronte nella via dei Quattro Cantoni, si traversa via Cavour e si scende nella via Urbana, sulla sinistra, dentro un cancello, assai più in basso dell’attuale livello stradale sorge S. Prudenziana, una delle chiese più antiche di Roma, secondo la tradizione eretta sulla casa di Prudente, ove sarebbe stato ospite S. Pietro. Dedicata alla sorella di S. Prassede e forse rifatta già alla fine del IV secolo da papa Siricio, fu restaurata più volte, radicalmente nel 1589. La facciata ottocentesca conserva alcuni elementi romanici (2 colonne del portale, architrave con 5 medaglioni, campanile del secolo IX). Sotto il pavimento della chiesa dietro l’abside (scala dalla navata sinistra) avanzi di case romane anteriori in parte al II secolo e della presunta casa di Prudente; al 3° ripiano, cappella medievale con affresco dell’XI secolo.
Subito dopo la via Urbana termina nella piazza dell’Esquilino; a sinistra si va al Viminale e alla via Nazionale; a destra, al di là della via Cavour, si leva un obelisco (m. 14,80) che, come il suo gemello di piazza del Quirinale, ornava l’ingresso del Mausoleo di Augusto. Dietro l’obelisco, una vasta scalinata sale alla facciata posteriore di S. Maria Maggiore. La parte a destra dell’abside, compresa la cupola, è di Flaminio Ponzio; la parte centrale e quella a sinistra sono di C. Rainaldi; la cupola sinistra è di Domenico Fontana. Si risale il pendio del colle e si sbocca nella piazza di S. Maria Maggiore. E’ la quarta delle Basiliche Patriarcali di Roma (dopo S. Giovanni in Laterano, S. Pietro in Vaticano, S. Paolo fuori le Mura) ed è detta Liberiana perché identificata con una basilica costruita da papa Liberio nel punto indicatogli da una visione e da una miracolosa nevicata estiva (donde l’altro nome di S. Maria della Neve). Ma par certo che la liberiana fosse in un altro posto dell’attuale basilica, eretta invece da Sisto III (432-440), subito dopo il concilio di Efeso (431) che rivendicò alla Madonna il Titolo di Madre di Dio. Nicolò IV rifece l’Abside, Clemente X la facciata posteriore, Benedetto XIV la facciata principale. Il campanile romanico, il più alto di Roma, e del 1377. La Facciata, opera di Ferdinando Fuga (1741-1743), preceduta da una bassa scalinata a ripiani chiusa tra due ali a forma di palazzi, è costituita da un portico a cinque aperture architravate e da una loggia a tre arcate, la centrale più alta e con un ricco frontone; sulla balaustra superiore, cinque grandi statue della Madonna e dei Santi. Di fronte alla basilica, in mezzo alla piazza S. Maria Maggiore, una colonna di cipollino (m. 14,30), unica superstite delle 8 colonne della Basilica di Massenzio, qui rialzata da Paolo V, che vi collocò in vetta una Madonna col bambino, bronzo di Guglielmo Berthelot; davanti, alta e semplice fontana.
Dalla piazza di S. Maria Maggiore si prende a destra la via di S. Prassede. Il titulus Praxedis (la sorella di Prudenziana) è attestato alla fine del V secolo, e una tradizione vorrebbe farlo risalire al II. E’ dubbio però se esso fosse qui, e l’attuale chiesa fu costruita nell’822 da Pasquale I, restaurata nei XV, XVI e XVII secolo, con alterazione del suo carattere basilicale. La facciata medievale è stata recentemente ripristinata. Interno a tre navate divise originariamente da 12 colonne di granito a trabeazione rettilinea; quindi sei di queste furono ridotte a pilastri, cui si appoggiano archi trasversali nelle navate minori. Nel mezzo, a 9 metri dalla porta centrale, un disco di porfido chiude un pozzo ove, secondo la leggenda, S. Prassede deponeva i resti dei martiri. A metà della navata destra, la Cappella di San Zenone, uno dei più importanti monumenti bizantini in Roma, eretta da Pasquale I (817-824), come mausoleo della madre Teodora. Le due colonne di granito nero del portale e la ricca cornice curva provengono da edifici pagani, e sono sormontate da un doppio giro di mosaici: nel giro interno, Madonna col Bambino, Prassede, Prudenziana e altre Sante; nel giro esterno Cristo con gli Apostoli e 4 Santi, di cui 2 forse aggiunti nel secolo XIII. L’interno della Cappella, a volta, con colonne angolari, è interamente ricoperto da mosaici e così splendente da essere stato chiamato "il Giardino del Paradiso". Il pavimento è un antichissimo esempio di opus sectile a marmi policromi. I mosaici rappresentano: nella volta, Cristo e 4 angeli; nella parete destra Ss. Giovanni Evangelista, Andrea e Giacomo, e, nella nicchia, Cristo tra S. Pio I e il S. Pastore; all’altare Madonna col Bambino e le sante Prassede e Prudenziana; ai lati della finestrella quadrata sopra l’altare S. Giovanni e la Madonna; alla parete sinistra S. Agnese (a destra) e le Ss. Prassede e Prudenziana a sinistra e, nella nicchia, Teodora Episcopa (con il nimbo - aureola - quadrato dei viventi) e 3 donne. In una nicchia a destra dell’ingresso è custodita una colonna portata da Gerusalemme nel 1223, presunto frammento della colonna cui fu legato Gesù per essere flagellato.
Nella navata, sul pilastro di fronte alla cappella, tomba di Monsignore G. B. Santoni (morto nel 1592), primo lavoro del Bernini. Nella 4° cappella, tomba del Cardinale Alano (morto nel 1474), di Andrea Bregno. Nella cappella in fondo alla navata, monumento cosmatesco del Cardinale francese Anchero (morto nel 1286); vari frammenti medievali. Per colossali gradini di rosso antico si sale al Presbiterio, ornato in alto da mosaici del tempo di Pasquale I: nell’arco trionfale la Nuova Gerusalemme con angeli guardiani, fuori, e Gesù tra i Santi, dentro; nell’arcone dell’abside, Agnus Dei con Angeli, i 24 seniori e simboli; nel catino dell’abside, il Redentore tra S. Paolo che cinge col braccio Santa Prassede e San Pasquale offerente la chiesa (a sinistra), i Ss. Pietro, Prudenziana e Zenone (a destra); sotto, il Giordano e simboli; più sotto, il Redentore con i discepoli in figura di agnelli, le due città d’oro (Gerusalemme e Betlemme) e l’iscrizione dedicatoria; al sommo, il monogramma di Pasquale I. Nella Confessione reliquie delle ossa dei Ss. Prassede e Prudenziana; all’altare mosaici del secolo XIII. In Sacrestia: Flagellazione, di Giulio Romano; sedia e tavola usate da S. Carlo Borromeo per la messa dei poveri. Navata sinistra: 3° cappella, affreschi del Cavalier d’Arpino; all’altare Gesù sotto la croce di Federico Zuccari. Al principio della navata, lastra di marmo sulla quale dormiva S. Prassede. In un vano alla base del Campanile (XII secolo), affreschi con storie di martiri (XII secolo).