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Da Porta Maggiore a San GiovanniBack
 
PORTA MAGGIORE
La via Giolitti sbocca sulla piazza di Porta Maggiore importante nodo del traffico cittadino. Di fronte le due grandi arcate di Porta Maggiore o Porta prenestina, eretta nel 52 dall’imperatore Claudio a sostegno dei condotti dell’Acqua Claudia e dell’Anio Novus, che passano nell’altissimo attico. Gli acquedotti furono restaurati da Vespasiano e da Tito (81); le arcate furono incorporate come doppia porta (per le due strade consolari Prenestina e Labicana oltre che Casilina) nella cinta delle mura Aureliane e più tardi (405) restaurate da Onorio. L’iscrizione a caratteri monumentali dell’attico ricorda Claudio, Vespasiano e Tito. Sul piazzale esterno, il bizzarro sepolcro di M. Virgilio Eurisace (panettiere e fornitore dello stato, come dice l’iscrizione) e di sua moglie Atinia vissuti alla fine della repubblica. Il tumulo in travertino è ornato da bocche di forno e da un fregio rappresentante la lavorazione del pane. A sinistra del piazzale si diparte la via Prenestina scavalcata dal viadotto della ferrovia. Al numero 7 si trova l’ingresso della Basilica di Porta Maggiore, del I secolo dell’impero, appartenente ad una setta mistica, forse i neopitagorici. E’ un santuario sotterraneo scoperto (1916) perfettamente conservato alla profondità di 14 metri dai binari, costruito in calcestruzzo a forma di basilica divisa da 6 pilastri in 3 navate; è preceduta da un piccolo atrio e termina con un abside. Le pareti e le volte sono ricoperte da finissimi stucchi, prodotto di un arte in piena fioritura, che ricordano quelli della casa della Farnesina, e nell’insieme la decorazione delle tombe di via Latina. I soggetti rappresentati sono militi greci, santuari agresti. Notevoli le somiglianze tra l’architettura e le decorazioni di questa basilica con quelle cristiane primitive; osservare specialmente le figure di oranti sulle pareti ed il quadro del catino dell’abside, rappresentante secondo alcuni il mito di Venere e Adone, secondo altri quello di Saffo e Faone col significato simbolico del viaggio dell’anima, purificatasi attraverso le onde, nel mondo ultraterreno. Nel pavimento a mosaico si vedono tracce di altari e di basi che sostenevano statue ed oggetti votivi; alcune teste conservate nei pilastri sono forse ritratti dei dedicanti.A destra del piazzale, dopo i frammenti della porta Onoriana (405) demolita nel 1838 da Gregorio XVI, ha inizio la via Casilina (da Casilinum, Capua) o Labicana (da Labicum, Colonna), fiancheggiata da un bel tratto di mura Aureliane, che poi piegano verso destra ad angolo retto nel viale Castrense, fino all’anfiteatro omonimo. Continuando sulla Casilina a poco più di 3 chilometri, si trova, presso il Mausoleo di S. Elena, detto Tor Pignattara, l’ingresso alla catacomba dei Ss. Marcellino e Pietro, la più decorata di Roma per pitture (del III e IV secolo). Nella prossima Vigna Apolloni, le piccole e poco esplorate Catacombe ebraiche della via Labicana. Dalla piazza di Porta Maggiore si prende a destra la via Statilia che costeggia una serie di superbe arcate dell’acquedotto Neroniano, derivato da quello di Claudio, per portare direttamente l’acqua alla residenza imperiale del Palatino. Le arcate continuano nel giardino di villa Wolkonsky (prima della II guerra mondiale sede dell’Ambasciata Tedesca poi di quella Britannica; attualmente possedimento britannico), ove sono visibili, all’angolo con via S. Croce in Gerusalemme, sepolcri della fine della Repubblica, con i ritratti dei defunti.

S. CROCE IN GERUSALEMME
Si prende a sinistra la via di S. Croce in Gerusalemme e, dopo circa 300 metri, si sbocca sulla piazza omonima, di fronte alla facciata rococò di S. Croce in Gerusalemme o Basilica Sessoriana, una delle sette chiese visitate dai pellegrini a Roma. Eretta, secondo una tradizione, da Costantino (320 circa), per custodirvi le reliquie della S. Croce riportate dalla Terrasanta da sua madre S. Elena, fu rinnovata nel 1144 da Lucio II (che aggiunse il bel campanile romanico) e quasi del tutto rifatta sotto Benedetto XIV, da Domenico e P. Passalacqua (1743). La facciata, degli stessi, consta di un atrio ellettico e 3 arcate, con volta a cupola, cinta all’esterno da una balaustra ornata di statue. A sinistra una cappella chiusa al culto di scuola giottesca. A destra della basilica, al di là delle mura, l’Anfiteatro Castrense, vastissimo edificio ellittico (m. 90x75); interno chiuso) costruito al principio del III secolo da Elagabolo o da Alessandro Severo per gli spettacoli della corte, e cosi detto perché faceva parte del pal. Sessoriano sede del castrum degli imperatori nel tardo impero. Si ritorna sulla piazza di S. Croce in Gerusalemme, lasciando a destra un oratorio, eretto da Sisto IV (nell’interno madonna col bambino di scuola umbro romana del XV secolo) e si prende a sinistra il largo viale Carlo Felice, che sbocca sulla piazza di Porta S. Giovanni, presso il monumento in bronzo a S. Francesco d’Assisi, di Giuseppe Tonnini (1927). A sinistra la porta S. Giovanni, grande arco aperto nelle mura aureliane da Giacomo della Porta, per ordine di Gregorio XIII (1572-85). I fornici laterali sono più recenti. Accanto le due torri cilindriche dell’antica Porta Asinara, corrispondente alla Porta Celimontana della cinta Serviana, murata nel 1409; vi si distinguano ancora gli archi del cammino di ronda. Al di là della Porta S. Giovanni incomincia la via Appia Nuova, che attraversando la città si dirige verso i Castelli Romani.

BASILICA DI SAN GIOVANNI IN LATERANO
Si sale il lieve pendio della Piazza di Porta S. Giovanni, coperta a sinistra da prati; a destra un gran nicchione, ricostruzione parziale (di Ferdinando Fuga, 1743) con qualche frammento originale, del Triclinio Leoniano, cioè la sala da pranzo dell’antico palazzo papale (i mosaici riproducono quelli primitivi, dellVIII-IX secolo). In fondo, l’altura ove sono riuniti alcuni fra i maggiori edifici della Cristianità: in mezzo la basilica di S. Giovanni in Laterano e il palazzo Laterano; al di là, il battistero di S. Giovanni; al di qua, sulla destra, il palazzo che racchiude la Scala Santa e il Sancta Sanctorum. Giovanni in Laterano, la cattedrale di Roma e quindi del mondo, fu fundata da papa Melchiade (311-314) nelle proprietà dei Plauzi Laterani, donate a questo scopo da Costantino al Pontefice, insieme con i locali della grande caserma degli Equites Singulares (ritrovati negli scavi del 1934-1938), sui quali sorse la basilica. La chiesa primitiva, a 5 navate, fu dedicata al Salvatore, più tardi ai Ss. Giovanni Battista e Giovanni Evangelista. Distrutta in parte dai Vandali, fu restaurata da S. Leone Magno (V secolo), poi da Adriano I (VIII secolo); nuovamente demolita da un terremoto nell’896, fu riedificata da Sergio III nel 905 e grandiosamente decorata da Nicolò IV nel 1298. Distrutta una terza volta nel 1308 da un incendio, fu subito ricostruita da Clenmente V; nuovamente incendiata nel 1361, fu rifatta durante i pontificati di Urbano V e di Gregorio XI, per opera del senese Giovanni di Stefano. Innocenzo X, in occasione del Giubileo del 1650, l’affidò al Borromini per un restauro totale; Clemente XII fece rifare la facciata principale (1735); Leone XIII l’abside (1885). Nella basilica e nel palazzo Laterano si sono tenuti i Concili degli anni 1123, 1139, 1179, 1215, 1512. La facciata principale di Alessandro Galilei, che si ispirò a quella laterale, si compone di un portico e di una loggia superiore, uniti da grandi semicolonne e pilastri corinzi, sui quali corre l’alta trabeazione; sulla balaustrata di coronamento 15 statue (altezza di circa 7 metri) di Cristo, dei Ss. Giovanni Battista e Giovanni Evangelista e di dottori della chiesa. Dalla loggia centrale si affacciava il pontefice a benedire il popolo nel giorno dell’Ascensione. Per una delle cinque aperture si entra nel portico che comunica con l’interno attraverso altrettante porte (la mediana proviene dalla Curia; l’ultima a destra è la Porta Santa, che si apre solo negli anni giubilari); a sinistra grande statua di Costantino, proveniente dalle sue terme. L’interno lungo 130 metri a croce latina, si presenta nelle sue 5 navata ampio e grandioso, ma freddissimo per il tono di scialbo biancore e la monotonia delle forma. Il Bottomini, nonostante la felicità di taluni particolari, vi smarrì nell’insieme le sue doti originali. Il soffitto della navata mediana è superba opera di Flaminio Boulanger e Vico di Raffaele fiorentino (fatto eseguire da Pio IV, dorato do Pio V, restaurato da Pio VI), con ornati disegnati da Daniele da Volterra; ricco pavimento di stile comatesco, con il motivo della colonna gentilizia di Martino V. Ai pilastri, entro nicchioni fregiati della colomba pamphilia, gli Apostoli, colossali statue barocche del 1718; al disopra, scene del Vecchio e del Nuovo testamento. Dal braccio destro del transetto si esce nel portico della facciata laterale della basilica a doppio portico, di 5 archi per piano, opera di Domenico Fontana (1586); i due campanili, ricostruiti nel 1360, sono probabilmente quelli originali del XII secolo. Sotto il portico, la statua bronzea di Enrico IV di Francia di Nicola Cordier. Si esce sulla Piazza di S. Giovanni in Leterano; a sinistra l’edificio ottagonale del Battistero o S. Giovanni in Fonte (sulla parete di sinistra graziosa fontanella), eretto da Costantino, forse sopra un ninfeo del palazzo dei Laterani rifatto prima della metà del V secolo da Sisto III e ripetutamente restaurato (in parte da Urbano VIII), preso a modello per tutti i battisteri posteriori. Al centro della piazza l’obelisco egizio di granito rosso il più alto (31 metri; 47 metri col piedistallo)) e il più antico di Roma. Fu innalzato davanti al tempio di Ammone, a Tebe d’Egitto, dai faraoni Tutmes III e Tutmes IV, nel XV secolo a.c.; Costanzo II, figlio di Costantino, lo portò a Roma nel 357, con una nave appositamente costruita e lo innalzò al Circo Massimo, ove fu ritrovato in 3 pezzi nel 1587 e qui rialzato nel 1588.

SCALA SANTA
Quasi di fronte al palazzo Laterano, sorge il palazzo della Scala Santa o del Sancta Sanctorum. Si tratta dell’edificio che Sisto V fece costruire da Domenico Fontana (1585-1590), intorno alla Cappella privata dei Papi (Sancta Sanctorum), situata al primo piano del Patriarchio quando decise la demolizione di quest’ultimo. Per accedervi, il Papa vi fece trasportare la scala d’onore del vecchio palazzo, identificata da una tradizione (che risale probabilmente all’VIII o IX secolo) con la scala del Pretorium di Pilato, salità da Gesù durante il processo (e quindi Scala Santa) e portata a Roma da S. Elena. Si entra nell’atrio, ornato da gruppi marmorei, tra cui il bacio di Giuda e l’Ecce Homo, di Jacometti: al centro, affiancata da altre quattro scale, la Scala Santa, composta di 28 gradini di marmo, rivestiti di legno per evitarne il logorio; alle pareti e nella volta, affreschi di G.B. Ricci, G. Stella, P. Nogari, Andrea d’Ancona, P. Brill, G. Baglioni. La Scala santa, che si sale in ginocchio, e le scale laterali terminano sul pianerottolo davanti alla Cappella di S. Lorenzo, detta Sancta Sanctorum per il gran numero di reliquie che vi sono custodite. Risale all’epoca di Costantino e venne rifatta, com’è attualmente, da papa nicola III (1277-81). E’ sempre chiusa, ma attraverso le grate delle piccole finestre si può vederne l’interno, gioiello di arte cosmatesca (1278): soffitto a mosaico; intorno alle pareti, 28 tabernacoli ogivali. Sull’altare, protetta da sportelli quasi sempre chiusi, l’immagine acherotipa (non dipinta da mano umana) del Redentore; accanto all’altare alcune cassette di reliquie. L’immagine, che nel medioevo, quando si credeva fosse stata dipinta dagli angeli, veniva portata in processione dai papi per scongiurare gravi calamità, è un dipinto sul legno del VI - VII secolo (restaurato intorno al 1945). Dice l’iscrizione sopra all’altare che ci troviamo di fronte al luogo più santo del mondo (non est in toto sanctior orbe locus). Il tesoro della Cappella si trova attualmente in Vaticano. Uscendo dalla Scala Santa si continua direttamente fino al lato opposto della piazza di San Giovanni in Laterano, chiusa al di là dell’obelisco dall’Ospedale di S. Giovanni, fondato dalla Compagnia dei Raccomandati del S. Salvatore, che aveva in custodia l’immagine acherotipa del Sancta Sanctorum. Sull’angolo destro dell’Ospedale l’elemosiniera e a seguire sul lato un portale trecentesco e più avanti un portico romanico.