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Da Porta Settimiana si prende a destra la via Garibaldi che incomincia subito a salire le prime rampe del Gianicolo (m. 82, la massima altezza di Roma), un lungo colle verdeggiante. Il nome Gianicolo deriva dal culto di Giano, che doveva avere qui un suo centro. Il colle, racchiuso in piccola parte nella cinta aureliana, poi nella cinta Leonina (850 c.), venne compreso interamente nella cinta urbana solo nel 1642, sotto papa Urbano VIII. Ad esso è legato il ricordo dell’epica difesa della repubblica romana del 1849, diretta da Garibaldi, contro le truppe francesi del generale Oudinot. La traversata del Gianicolo bellissima dal punto di vista panoramico, permette anche di visitare opere d’arte di prim’ordine. Dopo circa 500 metri dalla Porta Settimiana la via Garibaldi piega a sinistra lasciando a destra il cancello d’ingresso la Bosco Parrasio, dal 1725 luogo di riunione dell’Arcadia, la famosa accademia fondata nel 1690 da quei letterati che la Regina Cristina di Svezia (m. nel 1689) soleva riunire nel suo palazzo a Roma. L’Accademia aveva l’intento di "sterminare" il cattivo gusto e di ripulire la poesia italiana dalla barbarie del Secentismo. I suoi membri assunsero nomi pastorali, in omaggio al nome di Arcadia, scelto per ricordare il paese ideale della serenità campestre cantato da Virgilio e dal Sannazzaro. L’Arcadia salì a grande fama nella prima metà del Settecento esercitando una positiva influenza sulla letteratura italiana soprattutto attraverso Pietro Metastasio. Gradualmente svuotata d’importanza e sempre più localizzatasi l’Arcadia vivacchiò per tutto l’Ottocento e, nel 1926, venne trasformata in Accademia Letteraria Italiana. Il Bosco Parrasio si svolge in tre piani ed è ornato da una Fontana e dal Palazzo dell’Accademia, con le tavole marmoree delle sue leggi e l’iscrizione commemorativa dell’arcade Neandro Eracleo (Leone XIII). La via Garibaldi si solleva sulle case di Trastevere e prosegue con ampie curve ed al n. 27, sulla sinistra, vi sono i Settecenteschi convento e chiesa di S. Maria dei Sette Dolori, di Francesco Borromini. Di questo complesso è visibile soltanto l’esterno, con le sue linee semplici e il disegno a un tempo austero e animato, tipico del disegno di questo grande maestro del Barocco; le monache di clausura non permettono infatti l’accesso a visitatori occasionali. Il convento è uno di quelli che durante la seconda guerra mondiale, dopo l’8 settembre 1943, dettero asilo agli ebrei. Si prosegue a salire sulla via Garibaldi (da un cancello è possibile abbreviare il percorso) fino alla terrazza di S. Pietro in Montorio (=Mons Aureus, nome dato al Gianicolo per la marna gialla che contiene). La chiesa venne eretta prima del IX secolo sul luogo ove un’erronea tradizione affermava che S. Pietro era stato crocifisso. Fu rifatta alla fine del XV secolo, forse su disegno di Baccio Pontelli, e restaurata dopo i combattimenti del 1849 che avevano distrutto il campanile e l’abside. Semplice e bella facciata rinascimentale di travertino, analoga a quella di S. Maria del Popolo e di S. Agostino, ma in più modeste proporzioni. Dal piazzale si osserva il panorama di Roma. Nel cortiletto a destra della Chiesa il Tempietto del Bramante edificio circolare racchiuso da un giro di 16 colonne doriche; sopra l’architrave una balaustrata cinge la lieve cupola, animata da nicchie e fasce marmoree. L’insieme è un mirabile esempio di linee classiche interpretate con gusto rinascimentale e perfetto senso delle proporzioni (1502). Restaurata completamente nel 1999 grazie al patrocinio di S. M. Don Juan Carlo di Borbone, Re di Spagna, in occasione del Giubileo del 2000 (la chiesa confina con l’Accademia de Espana). Si riprende la via Garibaldi, a sinistra il mausoleo ai caduti per la causa dell’unità d’Italia (1849-1870) freddissimo nel suo biancore e nelle forme neoclassiche. Più avanti a destra sull’ampia terrazza panoramica, la Fontana Paola, eretta da Giovanni Fontana e Carlo Maderno per il papa Paolo V (1612). Sei colonne di granito sostengono l’altissimo attico con l’iscrizione dedicatoria e separano due nicchie laterali dai tre fornici centrali, donde l’acqua sgorga a torrenti nel basso bacino antistante. A destra della Fontana uno degli ingrassi alla passeggiata del Gianicolo. Continuando invece a sinistra della fontana e voltando a destra si giunge sul punto più alto (m. 82) del Gianicolo dove sorge Porta San Pancrazio, già Aurelia o del Gianicolo, eretta da Urbano VIII, danneggiata dai combattimenti del 1849 e rifatta da Virgilio Vespignani (1857) in forme neoclassiche. Prendendo a sinistra per il viale delle Mura Gianicolensi, si costeggia la cintura delle mura fino ad un arco, che si attraversa per entrare subito a destra nella Villa Sciarra, pittoresco parco pubblico a terrazze, decorato da statue e fontane. Continuando per il viale e voltando a destra in via Rossetti, poi a sinistra in via Cavallotti si arriva al convento delle Suore della Dottrina Cristiana di Cluny, ov’è l’ingresso al Cimitero di Ponziano contenente affreschi del VI-VIII secolo. Di fronte alla porta di S. Pancrazio si prende la via di S. Pancrazio; subito a destra gli avanzi del Vascello, villa barocca, in forma di vascello, presso la quale si svolse l’ultima disperata difesa della repubblica romana del 1849. Sul muro, busto e lapide del triestino Giacomo Venezian, che però non cadde qui il 2 luglio del 1849, bensì il 22 giugno del 1849 a Villa Sciarra. Più avanti si apre il cancello della Villa Doria Pamphily o Belrespiro costruita da Alessandro Algardi (1650 c.) per il principe Camillo Pamphily, nipote di Innocenzo X. Continuando in via di S. Pancrazio dopo 500 metri si trova la Basilica di S. Pancrazio eretta nel V secolo completamente rifatta nel XVI e XIX secolo. Accanto è l’ingresso alla catacombe di S. Pancrazio o di Ottavilla. Si torna alla Porta S. Pancrazio e lasciando a sinistra la via delle Mura Aurelie, si varca il cancello alla Passeggiata del Gianicolo. In breve si è sul piazzale del Gianicolo, dove confluisce anche il ramo inferiore della Passeggiata proveniente dalla Fontana Paola, fiancheggiato a busti marmorei dei maggiori seguaci di Garibaldi. In mezzo al piazzale, volta verso l’immenso panorama di Roma, si eleva sull’altissimo piedistallo la Statua Equestre di Giuseppe Garibaldi opera severa e nobilissima di Emilio Gallori (1895). Intorno alla base di granito, 4 gruppi in bronzo: un assalto alla baionetta dei bersaglieri di Luciano Manara; la battaglia di Calatafimi; l’Europa e l’America. La Passeggiata prosegue oltre il piazzale fiancheggiata sempre da busti marmorei di garibaldini, lasciando a sinistra il vivace monumento equestre di Anita Garibaldi, opera di Mario Rutelli (1932); ai piedi del Monumento furono sepolti i resti di Anita Garibaldi tolti dalla tomba di Nizza Marittima. A destra, il Casino Cinquecentesco già Lante, poi Helbig; più avanti, il Faro (di Manfredo Manfredi), donato a Roma dagli italiani d’Argentina. Dai piedi del Faro, che la sera proiettava sulla città fasci di luce tricolore, la vista spazia sul più completo panorama di Roma. A sinistra la Cupola di S. Pietro, Castel S. Angelo, il palazzo di Giustizia con retrostante quartiere Prati, S. Giovanni dei Fiorentini. In secondo piano la gran macchia verde di Villa Borghese, del Pincio e di villa Medici, con l’Accademia di Francia e la Trinità dei Monti. Più a destra la torretta di Montecitorio con l’orologio: nella stessa direzione si profilano sul fondo i quartieri Salario e Pinciano. In basso, al di qua del Tevere carcere di Regina Coeli; al di là, il Palazzo Farnese, con le tre arcate della leggetta posteriore, il campanile a spirale della Sapienza, la cupola del Pantheon e il Quirinale. Verso destra S. Andrea della Valle e più lontano le due cupole e il campanile di S. Maria Maggiore, la torre delle Milizie, il Vittoriano, la torre del Campidoglio, la chiesa di S. Maria in Aracoeli, la copertura della Sinagoga; in fondo il Viminale e il dietro delle statue della facciata di S. Giovanni in Leterano. Si innalzano a destra Palatino e Aventino e, nello sfondo, i Colli Albani con Monte Cavo (m. 949). Si continua a discendere e, per una scaletta a destra che evita l’ampia curva della strada, si arriva ad un troncone fulminato della famosa quercia del Tasso; la bella iscrizione (1898) ricorda che all’ombra di questa quercia il poeta, vicino alla morte, si abbandonava ai ricordi e, più tardi, S. Filippo Neri insegnava, scherzando, ai fanciulli. Si percorre l’ultimo tratto della Passeggiata al cui termine, a sinistra, una breve scalinata porta al pittoresco piazzale di S. Onofrio con 4 lecci, una bella semplice fontana e la Chiesa di S. Onofrio (ove è sepolto T. Tasso), fondata nel 1439 dal Beato Nicola da Forcapalena degli eremiti di S. Girolamo, restaurata nel 1857 da Pio IX. Nell’annesso convento Torquato Tasso morì il 25 aprile 1595, alla vigilia della sua incoronazione in Campidoglio; un piccolo museo tassiano raccoglie la maschera funebre del poeta, le edizioni e traduzioni delle sue opere, suppellettili varie. Il giro del Gianicolo si conclude con la ripida salita di S. Onofrio, scendendo la quale si giunge in breve alla piazza della Rovere. A sinistra la Galleria del Gianicolo (che va a Porta Cavalleggeri, all’inizio di via Aurelia) e la Porta S. Spirito, robusta costruzione di Antonio da S. Gallo il Grande (1540), rimasta incompiuta; essa immette, per via dei Penitenzieri, nella Città Leonina o Rione detto Borgo.
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