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Si fa il giro del palazzo voltando a destra nella via dell’arco dei Cenci, scavalcata da un arco; si traversa la Piazza Cenci, ove prospettano due facciate del palazzo, una rinascimentale, l’altra barocca, e si sale a sinistra alla caratteristica piazzetta di Monte de’ Cenci. Di fronte alla facciata principale del Palazzo Cenci, di sobrie forme rinascimentali, sorge la cappella gentilizia di S. Tommaso, eretta nel XII sec. da un vescovo Cenci, ma rifatta nel 1575 da Francesco Cenci, per seppellirvi, secondo la tradizione popolare, i figli Giacomo e Beatrice, di cui tramava la morte. Furono invece questi ad ucciderlo: i parricidi vennero decapitati su questa piazzetta l’11 settembre 1599 e, ad ogni anniversario, si celebra nella cappella una messa di suffragio. La via di S. Maria de’ Calderari sbocca nella via del Progresso, ove è una bella fontana rinascimentale marmorea, attribuita a Giacomo Della Porta. A sinistra, la piccola chiesa di S. Maria del Pianto, così detta dal pianto dei fedeli per l’ostinazione degli ebrei. Qui intorno si estendeva, infatti, l’antico GHETTO (il largo di fronte alla chiesa è detto dai romani Piazza Giudia), ove gli ebrei furono costretti ad abitare dal XVI sec. al XIX, sottoposti dal governo pontificio a gravi restrizioni, per quanto meglio trattati che in altri Stati. Prendendo, a destra della chiesetta, la via del Pianto e voltando a destra nella via di S. Maria in Publicolis (sull’angolo, lo spigolo a punte di diamante dell’antico Palazzo Santacroce, sovrastato da una gran torre ad intonaco), si giunge alla chiesetta di S. Maria in Publicolis, rifatta nel 1543 da Antonio De Rossi. Nell’interno, tombe della Famiglia Santacroce, che pretendeva discendere da Valerio Publicola, il fondatore, con Giunio Bruto, della repubblica romana. Di fronte alla chiesa, la Piazza Costaguti, ove prospetta il Palazzo Costaguti, costruito da C. Lombardo alla fine del sec. XVI. Nell’interno, soffitti affrescati dal Domenichino, dal Guercino, dal Lanfranco, dall’Albani e dal Romanelli. In piazza Costaguti interessante è anche il Tempietto del Carmelo costruito intorno alla metà del settecento. Veniva usato per evangelizzare gli ebrei del Ghetto. Si tratta di una piccola cappella con tetto in piombo (quello attuale è un rifacimento recente realizzato su modello del preesistente) che presenta all’interno stucchi ed affreschi molto danneggiati. Adibito in tempi remoti a bottega di calzolaio, oggi è invaso da erbacce e aggredito dall’umidità che stanno irrimediabilmente cancellando quello che poteva essere un piccolo gioiello del Ghetto. Prendendo a destra del palazzo si ritorna in Piazza Giudia. Di fronte a S. Maria del Pianto ha inizio l’ampia via del Portico d’Ottavia. Sull’angolo a sinistra, N. 1 e 2, la casa di Lorenzo Manilio, rinnovata, come dice l’iscrizione a grandi caratteri sulla facciata, nell’anno 2221 dalla fondazione di Roma (1468). Più avanti, N. 8-11 e 12-15, case borghesi, del primo Rinascimento: facciata in cortina di mattoni, cornici di travertino, tracce di loggia chiusa all’ultimo piano. In fondo alla via, a sinistra, i resti del Portico d’Ottavia, eretto da Q. Metello il Macedonico nel 149 a. C. rifatto da Augusto (23 a.C.) e dedicato alla sorella Ottavia, nel 205 ricostruito da Settimio Severo e Caracalla. Era un porticato a doppie arcate, a forma rettangolare (largo 115 m. e lungo 135), ornato da numerose opere di scultura greca e di pittura e destinato al pubblico passeggio. Nel mezzo sorgevano i templi di Giove e di Giunone, una schola (sala di riunioni) e biblioteche. Gli avanzi appartengono al propileo d’ingresso, che si apriva su uno dei lati corti ed era formato da 9 colonne corinzie su due file, sorreggenti la trabeazione con l’iscrizione: rimangono 2 colonne della fila anteriore, 3 della posteriore e parte della trabeazione, nonché l’arco terminale del portico di destra. Altri avanzi scavati, di questo lato del portico e della parete Sud, in tufo, sono visibili dalla parte del teatro di Marcello. A destra dell’arco, in basso, una lastra di marmo con dicitura in latino, che significa: le teste dei pesci più lunghi di questo marmo, datele ai conservatori fino alle prime pinne. Si riferisce ad un antico mercato del pesce dal quale deriva il nome della chiesa di S. Angelo in Pescheria, fondata da Stefano III (770), tra le rovine del portico, che le fanno da atrio. Nell’interno, in fondo alla nav. sinistra, Madonna in trono tra Angeli, affreschi di Benozzo Gozzoli o scolari, distaccato dall’esterno della sagrestia. Di qui mosse, nella notte sulla Pentecoste del 1347, Cola di Rienzo, per occupare il Campidoglio e ristabilire la repubblica romana; qui, fino alla fine del sec. XVIII, gli ebrei romani erano obbligati in certi giorni ad ascoltare prediche per convertirsi. Volgendo le spalle al portico si vedono a sinistra, N. 28-29, due case medievali, fedelmente ricostruite; di fronte, sul lungotevere, la Sinagoga, grande edificio in stile assiro-babilonese, a piani rientranti, con cupola a botte di alluminio verniciato (arch. Armanni e Costa; 1904). Passando sotto i resti del portico, si percorre un breve tratto di via S. Angelo in Pescheria, poi si piega a destra nella via della Tribuna di Campitelli, che sbocca nella piazza Campitelli, centro del rione omonimo. Di fronte, N. 3 e 2, i palazzi Capizucchi (ora Gasparri) e Spinola, eretti da Giovanni della Porta alla fine del sec. XVI; il secondo in forme più grandiose del primo, con un terrazzino marmoreo sul portale e ricco cornicione. Di fronte ai due palazzi, la fastosa facciata barocca, decorata da colonne, nicchie e statue, della chiesa di S. Maria In Campitelli, eretta ad opera di C. Rainaldi (1657), per conservarvi un’immagine della Madonna, cui si attribuì la cessazione della peste nel 1656. INTERNO a croce latina; la navata, fiancheggiata da cappelle e sormontata da doppi archi, restringendosi verso il fondo, crea una prospettiva di grande effetto, aumentato dalla profusione dei marmi policromi. Nella 1^ cappella destra, S. Michele, di Sebastiano Conca; 2^ cappella destra, S. Anna, di Luca Giordano. Nel transetto destro, tomba del cardinale Bartolomeo Pacca (1756-1844), famoso per aver pubblicato l’editto del 1817 che proibiva l’esodo dallo Stato pontificio delle opere d’arte. All’altare maggiore, in un’aurea raggiera, la Madonna che diede origine alla chiesa, smalto italiano di imitazione franco-renana (inizio XIII sec.), già nel portico d’Ottavia. Nel transetto sinistro nascita di S. Giuseppe, del Baciccia; 1^ cappella sinistra.: affresco di Giuseppe Passeri; bassorilievo di Lorenzo Ottoni; monumenti barocchi. Sul lato della piazza verso la via del teatro di Marcello, bella fontana marmorea a doppia vasca. Sul lato opposto si prende la via dei Funari, che costeggia a sinistra il settecentesco Palazzo Lovatelli. A destra, dopo il Palazzo Clementi già Patrizi, poi Ascarelli, è la chiesa di S. Caterina dei Funari eretta nel XII sec. presso le botteghe dei fabbricanti di funi (sorte sulle rovine del circo Flaminio) e rifatta nel XVI secolo. La facciata, di Guido Guidetti (1564), è uno dei migliori esempi di questo tipo, diffusosi poi in Roma e fuori: un forte cornicione nel mezzo, con iscrizione dedicatoria e bassorilievi decorativi; sotto, 4 nicchie vuote e il portale a colonne; sopra, rosone, altre nicchie vuote e, ai lati, due grandi volute che scendono dal frontone, ornato in alto da 4 candelabri di pietra. Il campanile, assai arretrato, a forma di tulipano, è forse adattamento di qualche torre preesistente. INTERNO. 1^ cappella destra: Incoronazione di Maria e S. Margherita, di Annibale Carracci. 2^ cappella destra: Cristo morto, di Girolamo Muziano; nella volta, storie di Cristo, dello stesso; nei pilastri, dipinti di Federico Zuccari. 3^ cappella destra: Assunta ultima opera, incompiuta, del Pulzone. All’altare maggiore, Martirio di S. Caterina, Annunciata, di Livio Agresti; ai lati, Storie della Santa, di Federico Zuccari. 2^ cappella sinistra, pala d’altare (S. Giovanni Battista) e pitture nella volta di M. Venusti. Segue, in via dei Funari, a destra, la facciata barocca del Palazzo Mattei di Giove, che ha un’altra facciata eguale, salvo il portale, in via Michelangelo Caetani. Costruito nel 1617 da Carlo Maderno per Asdrubale Mattei, è l’ultimo, in ordine di tempo, dei 5 palazzi Mattei, che formano un unico complesso architettonico tra via Caetani, via delle Botteghe Oscure, piazza Paganica piazza Mattei e via dei Funari. Nell’INTERNO: 2 cortili, il primo porticato, il secondo a giardino; sale affrescate dal Lanfranco, dal Domenichino e dall’Albani. La via dei Funari (a sinistra, N. 21-24, case del Rinascimento) termina nella Piazza Mattei: a sinistra, l’angolo del Palazzo Costaguti, il vicolo della Reginella, sbarrato un tempo da uno dei cancelli che chiudevano il Ghetto e la via di S. Ambrogio, ricordo del soggiorno romano del grande vescovo milanese (IV sec.). Al centro, la fontana delle Tartarughe, di Taddeo Landini (1585), su disegno forse di Giacomo della Porta. Su quattro conchiglie marmoree si ergono 4 agili efebi di bronzo, che trattengono con una mano un delfino, mentre con l’altra spingono 4 tartarughe (aggiunta posteriore) ad abbeverarsi nella vaschetta superiore. Composizione piena di grazia e di movimento, vero gioiello del tardo Rinascimento. A destra, la bassa facciata disadorna, con portali e finestre a cornici marmoree, dei due più antichi palazzi Mattei, costruiti nella prima metà del sec. XVI da Nanni di Baccio Bigio, per i figli di Pietro Antonio Mattei. Dal portale del N. 19 si entra nel bel cortile dell’ala più antica: scala esterna, a sinistra; portico a loggia in fondo; alta torre con altana, a destra dal N. 17 si passa in un altro cortile porticato, con ninfeo. Si traversa la Piazza Mattei e si passa nella piazza Paganica; al N. 4, il Palazzo Mattei- Paganica (i Mattei erano duchi di Paganica), costruito nel 1540 su disegno del Vignola, per conto di Ludovico Mattei, un altro figlio di Pietro Antonio, come ricorda l’iscrizione sull’architrave marmorea del portale. Facciata ad intonaco, ornata in alto da un fregio di mascheroni ed aquile. Proseguendo per la via Paganica si sbocca sull’angolo del largo Argentina, e si continua a destra nella via delle Botteghe Oscure, così detta dalle bottegucce medievali che si annidavano tra gli archi del grande Circo Flaminio, costruito nel 221 a. C. da C. Flaminio, tra le attuali vie degli Astalli, dei Funari, Paganica e delle Botteghe Oscure. A destra, N. 32, il Palazzo Caetani, costruito dall’Ammannati (1564) per Alessandro Mattei e passato successivamente ai Negroni e ai Caetani. Facciata ad intonaco del tardo Rinascimento, con fregi marmorei, finestre sobriamente ornate e ampio portale; l’androne, in lieve salita, immette in un cortile porticato, al di là del quale è un secondo cortile con ninfeo. Il palazzo, proprietà dello Stato Italiano, è oggi sede dell’Ambasciata di Spagna presso il Quirinale. La via delle Botteghe Oscure è stata ampliata con demolizioni sul lato settentrionale, che hanno messo in luce notevoli resti archeologici, appartenenti ad un tempio forse dedicato a Bellona. Si gira intorno al palazzo e per la Via Michelangelo Caetani si ritorna a S. Caterina dei Funari. Si continua a sinistra nella via dei Delfini, che costeggia un lato del Palazzo Clementi, e piega a sinistra passando tra case (N. 16-20; 26-31; 33-36), del primo Rinascimento. Si giunge in piazza Margana: a sinistra, la medievale Torre dei Margani e una porta, incorniciata da frammenti romani. Al di là della piazza si prosegue nella via di Tor Margana e si sbocca a tergo del Palazzo Astalli, già Muti-Bussi, di Giovanni Antonio De Rossi. Sulla destra, la piazza d’Aracoeli e il Campidoglio; sulla sinistra, la via di S. Marco e la piazza Venezia.
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